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Verifiche N.2, 2023 - Una questione di privilegi? - Editoriale

È un fascicolo particolarmente voluminoso quello che presentiamo ai nostri lettori: un segno di vitalità che ci fa senz’altro piacere.

«Una questione di privilegi?»

Giunti alla fine di un altro anno scolasti- co, la stanchezza di tutte e tutti è evi- dente: le allieve e gli allievi studiano per le verifiche finali, e le e i docenti concentrano le ultime energie per correzioni e consigli di classe. In mezzo a questa stanchezza tentiamo di fare un bilancio di fine anno: cominciamo ricordando che alla guida del DECS il Consigliere di Stato Manuele Bertoli ha lasciato il posto alla compagna di partito Marina Ca- robbio Guscetti; la scuola media, che rimane un perenne cantiere aperto, si dovrà confrontare presto con la sperimentazione in sei sedi per l’abolizione dei corsi A e corsi B in matematica e tedesco e con l’introduzione del tedesco già in prima media, votata dal Gran Consiglio a marzo.

L’anno che si sta per chiudere presenta qualcosa che fino a pochi mesi fa non ci saremmo aspettati: un’energia nuova corre tra i corridoi dei no- stri istituti e nelle discussioni dei collegi docenti, un’energia che abbiamo sentito in tanti durante lo sciopero dello scorso 10 maggio. Infatti, la grave situazione pensionistica delle e dei dipendenti cantonali affiliati all’IPCT (Istituto di Previdenza del Canton Ticino), a cui la rivista Verifiche ha dato ampio spazio nel numero 4 di dicembre 2022, sembra essere proprio stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso, già colmo, di tanti docenti.

Come ben suggerito dal nome dell’associazione ERREDIPI (Rete per la difesa delle pensioni), la “rete”, che si era cominciata a tessere da settembre, nel volgersi dei mesi è cresciuta, formando una maglia fitta ed estesa, come dimostrano i numeri importanti dell’adesione allo sciopero. Durante quei giorni, tante e tanti docenti hanno scelto di scioperare, stanchi di sentirsi sempre definiti come una classe di “privilegiati”, dopo anni in cui, a furia di subire questa narrazione diventata ormai parte dell’identità del docente, sembrava che avessero perso il coraggio di lottare per i propri diritti e per il benessere della scuola pubblica.

Nonostante lo sciopero abbia toccato diverse categorie di lavoratrici e lavoratori, le polemiche politiche si sono focalizzate solo e unicamente sullo sciopero degli insegnanti. Se è pur vero che i docenti che hanno aderito sono molti (anche perché rappresentano una grande fetta dei dipendenti dello stato), essi sono stati accompagnati da altre categorie di dipendenti. Nel confronto con questi altri lavoratori si è effettivamente resa manifesta una disparità dei diritti, voluta dal datore di lavoro: a fianco di insegnanti che hanno potuto scioperare rinunciando a una fetta del loro salario, vi erano lavoratrici e lavoratori che hanno dovuto giustificare l’assenza con i codici quali “Affari privati”, “Vacanze” o “Scalo ore”, e non hanno quindi potuto usare il codice 61 per aderire allo sciopero. Ecco dunque trovarci di fronte a un paradosso: il diritto di scioperare si è oggi travestito da privilegio, un privilegio che divide lavoratrici e lavoratori che intendono combattere la stessa battaglia ma senza godere di pari condizioni. Da un lato ci sono le e i docenti che hanno potuto scioperare organizzandosi nei collegi plenari; dall’altra lavoratrici e lavoratori cantonali che – pur aderendo o volendo aderire allo sciopero a livello ideologico – non hanno potuto farlo in modo manifesto poiché le loro astensioni dal lavoro non risulteranno in modo trasparente.

Sembrerebbe quindi che i tagli massicci del 40% delle pensioni abbiano ridato

 

Se è pur vero che i docenti che hanno aderito sono molti (anche perché rappresentano una grande fetta dei dipendenti dello stato), essi sono stati accompagnati da altre catego- rie di dipendenti. Nel confronto con que- sti altri lavoratori si è effettivamente resa manifesta una disparità dei diritti, voluta dal datore di lavoro: a fianco di insegnanti che hanno potuto scioperare rinunciando a una fetta del loro salario, vi erano lavoratrici e lavoratori che han- no dovuto giustificare l’assenza con i codici quali “Affari privati”, “Vacanze” o “Scalo ore”, e non hanno quindi potuto usare il codice 61 per aderire allo sciopero.

Ecco dunque trovarci di fronte a un paradosso: il diritto di scioperare si è oggi travestito da privilegio, un privilegio che divide lavoratrici e lavoratori che intendono combattere la stessa battaglia ma senza godere di pari condizioni. Da un lato ci sono le e i docenti che hanno potuto scioperare organizzandosi nei collegi plenari; dall’altra lavoratrici e lavoratori cantonali che – pur aderendo o volendo aderire allo sciopero a livello ideologico – non hanno potuto farlo in modo manifesto poiché le loro astensioni dal lavoro non risulteranno in modo trasparente.

Sembrerebbe quindi che i tagli massicci del 40% delle pensioni abbiano ridato un po’ di coraggio alla nostra categoria. Oltre a essere un diritto far sentire la nostra voce, è importante scioperare anche per chi non può scioperare. E riguardo al “diritto all’istruzione” che avremmo negato alle nostre allieve e ai nostri allievi? Non stiamo invece insegnando alle future generazioni i valori democratici e l’importanza di lottare per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori? La stanchezza di fine anno si fa dunque sì sentire, ma ad essa si accompagna anche una nuova linfa, fondamentale per continuare a costruire una scuola pubblica sana e forte, e per difendere la dignità delle e dei docenti che ogni giorno – nelle aule – lavorano con passione per istruire ed educare le nuove generazioni.

Concludiamo con un saluto a Marina Carobbio Guscetti che, come detto, ha assunto la direzione del DECS. Un dipartimento non facile, considerati sia i diversi temi spinosi sul tavolo sia gli orizzonti finanziari complicati dall’infelice “decreto Morisoli”, che lasciano presagire ben pochi margini di manovra per procedere con le riforme scolastiche. In diverse occasioni pubbliche ha dichiarato la volontà di ascoltare e coinvolgere gli insegnanti.

Senza il loro apporto, infatti, le riflessioni sulla scuola sono esposte a improvvisazioni e sterilità. Ci pare una premessa promettente e le auguriamo quindi un buon e proficuo lavoro.

 

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