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Verifiche N.1, 2023 - Leggere, scrivere, far di conto

Presentiamo l'introduzione di Fabio Camponovo al secondo convegno dell'associazione "Essere a scuola", svoltosi il 26 novembre 2022, sotto il titolo  “La scuola fra conoscenza, persona e lavoro. L’insegnamento fra il «che cosa» e il «come»”.

«Leggere, scrivere, far di conto«

Leggere, scrivere e far di conto. Era tradizionalmente espresso in questa sintesi essenziale il mandato affidato alla formazione scolastica. Un mandato che era insieme pragmatico ed erudito, ma che è percepito oggi come insufficiente a rappresentare la funzione educativa, perché ben altri e ben più impegnativi compiti è chiamata ad assumere la scuola del terzo millennio. In effetti l’evoluzione socio-culturale, quella economica, tecnologica, dei processi d’acculturazione e di socializzazione pongono la scuola di fronte a responsabilità sempre più gravose. L’imperante consumismo di beni materiali e immateriali, nonché la dimensione effimera di un presente dagli incerti orizzonti valoriali e professionali, la costringono a ragionare costantemente sul senso profondo (per la “persona” e per la “società”, come recita il primo articolo della nostra Legge della scuola) dell’educare.

Eppure se solo ci soffermassimo sul significato gnoseologico di quel riferimento alla lingua e al calcolo (vale a dire sul ruolo che assumono come codici fondativi della conoscenza umana) potremmo forse recuperarne un valore ancora attualissimo. In effetti il linguaggio verbale e quello matematico restano basi dell’accesso a ogni sapere. La lingua e il numero sono matrici della sintassi del pensiero e della coscienza di sé, dunque funzioni educative essenziali sulle quali costruire lo sviluppo personale nonché l’eman-cipazione intellettuale e culturale dei ragazzi.

Questo però sembra non bastare. Il concetto è percepito come riduttivo (quasi fine a se stesso, figlio spurio di una conoscenza inerte). All’essenzialità di quei due mandati oggi si è usi affiancare una pluralità di bisogni di formazione espressi in elenchi di competenze. Chi prendesse fra le mani l’attuale “Piano di studi della scuola dell’obbligo ticinese”, vi troverebbe, oltre alle competenze disciplinari “classiche” (italiano, matematica, storia, geografia, scienze, lingue seconde, latino, educazione fisica, visiva, musicale ecc.), le competenze trasversali (definite nel piano di studi come “classi di operazioni, azioni e disposizioni ad agire”) che sono lo sviluppo personale, la collaborazione, la comunicazione, il pensiero riflessivo e critico, il pensiero creativo e la risoluzione dei problemi, le strategie d’apprendimento e le tecnologie e i media e le dimensioni della cosiddetta “formazione generale” che, cito sempre dal piano degli studi, “costituiscono un riferimento valoriale imprescindibile” e comprendono l’educazione allo sviluppo sostenibile e i delicati temi di “cittadinanza, culture e società, biosfera, salute e benessere, economia e consumi”. Perbacco perbacco! Una neolingua.

Osservo, per inciso, che le discipline di studio, quelle materie che siamo abituati a considerare il fondamento epistemico di una scuola di cultura, sono collocate al terzo posto dell’elenco, dopo la formazione generale e le competenze trasversali. La nostra scuola è dunque diventata, almeno nelle dichiarazioni d’intento, una scuola molto ambiziosa, che ha spostato l’attenzione dal sapere (l’“insieme delle conoscenze da acquisire con lo studio”, secondo la definizione che ne da il dizionario Treccani) alla capacità di usare quel sapere in azione. Sarebbe come dire – e mi scuso qui per la semplificazione – che oggi vogliamo non solo un allievo pensante ma anche un allievo competente, e forse anche più un allievo capace di adeguarsi in maniera proattiva ai contesti professionali mutevoli che un allievo capace di comprendere riflessivamente il mondo dentro cui vive.

Ciò a cui abbiamo assistito in Ticino – ma ovviamente non solo in Ticino e non solo in Svizzera, spesso sotto l’impulso delle organizzazioni politiche ed economiche internazionali – è stato un mutamento di paradigma nell’elaborazione dei programmi d’insegnamento (oggi “piani di studio”). Complice un pensiero pedagogico rinnovatore, che ha portato l’attenzione sulle forme e sulle metodologie d’insegnamento più che sui contenuti dell’insegnamento stesso, si sono elaborate proposte che esaltano processi cognitivo-comportamentali (spesso espressi in termini generali e declamatori) ma significativamente carenti nell’indicazione di quadri culturali di riferimento.

Ho personalmente fatto una piccola ricerca lessicale (perché le parole contano e io le ho contate) prenden-do in esame il testo-simbolo dell’in-novazione scolastica ticinese, vale a dire il voluminoso “Piano degli studi della scuola dell’obbligo ticinese”, frutto di un corposo lavoro di elaborazione, implementazione e revisione nel decennio scorso e proprio recentemente “perfezionato” (sic, tolgo questo ultimo termine dalla versione online che recita appunto “Piano di studio perfezionato, versione digitale, settembre 2022”). Ho preso in esame le due parole che ho citato in precedenza: “sapere” e “competenza”. Ecco i dati ottenuti grazie alle nuove tecnologie e a un poco di pazienza nel conteggio. In circa 264 pagine di testo (incluse le copertine, le pagine bianche, gli indici e i ringraziamenti), il lessema “sapere/i”, preso come so-stantivo, appare 55 volte. La parola “competenza/e” (che come sapete de-riva etimologicamente dal latino tardo ‘competere’, vale a dire “concorrere, gareggiare,…” e nel testo in esame è intesa come “combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti che un soggetto attiva per far fronte ad una situazione di apprendimento e di vita” - PS, p. 13) conta 630 (dico seicento-trenta!) occorrenze.

Sarebbe sbagliato trarre conclusioni affrettate (il mio è stato semplicemente un piccolo sondaggio), ma credo si possa dire senza tema di smentita che l’attenzione formativa si è progressivamente spostata dall’imparare per capire all’imparare per agire. C’è di fatto la preoccupazione (e l’ambizione) di un sapere attivo, capace di rendere competente l’allievo finanche nell’affrontare lo studio, la vita, il lavoro.

C’è da chiedersi che ne fosse prima del povero alunno, oppresso insensatamente da una scuola di pure conoscenze/nozioni! Non credo di sbagliare nel dire che probabilmente le esigenze dell’economia e del mercato hanno giocato qui un ruolo non indifferente.

“Vogliamo una scuola più attenta al mercato” dichiaravano pochi mesi fa gli industriali e gli imprenditori ticinesi rivendicando misu-re incisive fin dalle scuole dell’obbligo: per esempio (uso le parole dell’AITI) più tedesco, più competenze tecniche e digitali, più cultura d’impre-sa. È allora legittimo esprimere la pre-occupazione (e insieme il bisogno de-mocratico) che la scuola resti innanzitutto scuola di cultura, che le discipline di studio siano riconosciute come un orizzonte culturale di senso e non semplici risorse per sviluppare competenze d’uso? Chiudo con un paio di osservazioni che offro come stimolo ai relatori che si alterneranno dopo di me.

La prima è di natura pedagogica. Non è che dopo un’abbuffata di metodologie e di riflessioni sulle forme dell’insegnamento, su “come insegna-re” si debba ora tornare a occuparci anche di contenuti e quindi di “che cosa insegnare”?

La crisi di una scuola di conoscenze inerti (con materie tra loro irrelate) ci ha portato a rielaborare i traguardi in termini di competenze, ma non corriamo ora il rischio di essere portati a concepire l’allievo in termini di un esecutore qualificato eppur privo di una sua identità culturale definita?

La seconda è di natura antropologico-culturale. È ancora possibile (per-ché forse è di vitale importanza per la funzione stessa della scuola in una società democratica) evitare la con-trapposizione insensata tra due estremi parodistici: da un lato quello di un sapere contemplativo e speculativo, dall’altro quello di un sapere funzionale e comportamentale? Insomma quale persona-allievo vogliamo crescere per affrontare le sfide del futuro?

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È un fascicolo tematico quello che presentiamo ai nostri lettori, centrato sulla formazione iniziale e continua dei do-centi, tema delicato, su cui Verifiche si è spesso e a più riprese chinata.

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