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Verifiche N.3, 2022 - «Sul concetto di inclusione»

«ll termine inclusione rimanda all’atto di chiudere dentro un confine determinato al punto da poter stabilire che vi sia un dentro e un fuori, non solo, occorre che quel dentro sia migliore del fuori dal quale si viene esclusi e occorre anche che sia rappresentativo della realtà complessa di cui è fatta la vita, altrimenti sarà solo un perimetro formale privo di valore, entro il quale essere inclusi.»

«Sul concetto di inclusione» di Roberto Salek

In questo numero di Verifiche si affronta il tema dell’inclusione nella scuola dell’obbligo, nel tentativo di fare chiarezza relativamente a un tema molto complesso, tornato d’attualità visto che si vuole ridisegnare un modello esistente, per crearne uno nuovo in cui si sperimentino classi miste, con la presenza di allievi, che attualmente frequentano la Scuola speciale.

Per raggiungere questo obiettivo si è deciso di sperimentare in alcune sedi questa modalità inedita, per poter ripensare l’inclusione e creare così una scuola più inclusiva di quella che già esiste. Inoltre nel disegnare il modello nuovo e anche per gestire le innumerevoli difficoltà esistenti in quello esistente, prende sempre più consistenza la Sezione della pedagogia speciale, che si sovrappone e ingloba la pedagogia “normale”: come a dire che per perseguire l’inclusione nella normalità occorra mettere in campo con l’epiteto “speciale” una sorta di Matrioska pedagogica.

Non intendo entrare nei particolari della questione, che viene affrontata all’interno del numero unico, piuttosto vorrei condividere alcune riflessioni generali al fine di fornire un contributo al dibattito in corso. Iniziamo dalla definizione: il termine inclusione è un sostantivo che rimanda al verbo includere, derivato dal latino includěre, composto di in e clauděre, cioè chiudere dentro.

Allora il termine inclusione rimanda all’atto di chiudere dentro un confine determinato al punto da poter stabilire che vi sia un dentro e un fuori, non solo, occorre che quel dentro sia migliore del fuori dal quale si viene esclusi e occorre anche che sia rappresentativo della realtà complessa di cui è fatta la vita, altrimenti sarà solo un perimetro formale privo di valore, entro il quale essere inclusi, oppure un espediente temporaneo e deprivante, che contribuisce a costruire una percezione artefatta della realtà, con le implicazioni negative che ne derivano, o ancora, potrebbe essere causa di malessere e disagio, che portano poi a un’altra forma di esclusione nell’inclusione: basti pensare ai casi allarmanti di abbandono scolastico in costante aumento nella scuola media.

Alla luce di queste considerazioni occorre dunque riferirsi, per quanto riguarda l’inclusione, alla scuola attuale, che è già inclusiva e a tutte le problematiche che la affliggono. Inoltre, se non si affronta il tema allargandolo oltre i confini della scuola dell’obbligo, si cadrà facilmente nella trappola di una falsa inclusione, creata artificialmente e forzatamente all’interno di un contenitore stagno, che una volta aperto verrà allagato dalla realtà effettuale della vita.

Lo scollamento che esiste tra il mondo fuori, quello degli adulti per intenderci, e quello dentro il modello ideale di scuola inclusiva, fatto di assiomi pedagogici “normali e speciali” atti a costruire un altro mondo, un mondo in cui tutti abbiano successo e riescano secondo i loro mezzi e le loro capacità, rischia di essere la questione più delicata complessa e potenzialmente controproducente. Se si vuole ripensare il modello, al netto delle idealità e delle buone intenzioni, occorre seguire il principio pragmatico della verità effettuale di ciò che è, e non di ciò che si vorrebbe che fosse.

Nel numero scorso di Verifiche ho parlato di effetto Frankenstein e di sindrome del Visconte dimezzato, per tratteggiare l’ipertrofia di ruoli che si sommano a quello del docente disciplinare, per far fronte agli innumerevoli disagi del gruppo classe, oltre che alla progressiva medicalizzazione degli apprendimenti, i quali danno luogo a una serie di misure speciali, che a loro volta si frappongono e interferiscono sulla pratica didattica del docente titolare, il quale perde così progressivamente la sua autorevolezza. Ora, in un simile contesto e con le risorse contate di cui si dispone, si intende allargare ulteriormente il concetto di inclusione secondo formule e ricette, alcune delle quali già esistenti e poco efficaci, che andranno ulteriormente a pesare e ad aggravare le problematicità che affliggono la scuola, con il rischio di rendere ancora più ampio il divario tra ciò che si desidera e ciò che si ottiene, alla luce della verità effettuale.

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