“Le parole assomigliano a piccole dosi di arsenico; le assumiamo senza curarcene, sembrano del tutto innocue ed ecco che dopo qualche tempo il loro effetto tossico si fa sentire”. [Victor Klemperer, “La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo”, Giuntina 1998, pag. 56]
“O voi ch`avete li `ntelletti sani / mirate la dottrina che s`asconde /sotto `l velame de li versi strani” [Dante, Inferno, IX, 61-63]
Da quando in Ticino la formazione degli insegnanti è stata demandata alla SUPSI dando vita al DFA, parte consistente delle discussioni (e delle relative polemiche) si è focalizzata attorno alle scelte della nuova direzione e ai cambiamenti intervenuti negli ultimi due anni.
In qualsiasi ordine di scuola è indiscutibilmente importante la conoscenza e l’amore per la materia o le materie che si insegnano. Non bisogna però scordare che l’aspetto fuor di dubbio più difficile da gestire sia quello relazionale.
Viviamo in un periodo di consistente necessità di docenti, a causa della forte ondata di pensionamenti. Ben lungi dall’essere un fenomeno improvviso, questo impellente bisogno di docenti era prevedibile con anni di anticipo. Non ci sembra tuttavia siano state elaborate strategie da parte del DECS al fine di fronteggiare la situazione per tempo. Inoltre, ora lo stesso DFA limita l’accesso di studenti.
Più di una volta Verifiche si è occupata dei problemi suscitati dalla formazione dei docenti in Ticino, soffermandosi a riflettere sulla realtà del DFA, percorso quasi obbligato per tutti coloro che intendono diventare docenti in qualsiasi ordine di scuola.
Le ultime vicende che hanno portato al licenziamento della direttrice del DFA all’interno della SUPSI ripropongono vecchie domande circa il modello di formazione per i futuri insegnanti, in particolare per il settore medio e medio superiore, cioè per quegli ordini di scuola a cui si accede con un titolo universitario riconosciuto.
Il clima di lavoro all’interno del DFA si è andato progressivamente deteriorando. L’apice è stato raggiunto lo scorso luglio quando, di fronte a una proposta di Summer School 2011 elaborata dalla direzione, i formatori hanno reagito rivendicando spazi per dibattere sui problemi che da tempo travagliano l’istituto.
Vorremmo brevemente attirare l’attenzione del lettore su due espressioni in voga al DFA e che suscitano in noi un certo malessere. La prima è quella di territorio, inteso come docenti, allievi, direzioni e tutte quelle figure professionali che gravitano attorno al mondo della scuola. Perché non nominarle in quanto persone? Il territorio è una regione geografica, sono dei luoghi, inanimati. Ed è proprio l’anima di chi sta dentro la scuola che pare a molti bistrattata dal DFA.
Una delle questioni aperte e spinose relative alla scuola pubblica ticinese è quella della formazione dei futuri docenti. Verifiche si è già occupata del tema, con una serie di articoli che evidenziavano pesanti carenze strutturali nel sistema di formazione gestito precedentemente dall’ASP (Alta Scuola Pedagogica).
L’insoddisfazione sembra caratterizzare da almeno una decina d’anni la vita degli abilitandi all’insegnamento. Già fortemente criticata sotto il cappello IAA, diventato poi ASP, la formazione degli insegnanti sembra essere ulteriormente peggiorata con il passaggio al DFA. Si moltiplicano infatti le voci che deplorano un crescente scollamento tra la formazione teorica e la realtà quotidiana delle sedi scolastiche, accresciuto dalla presenza di diversi nuovi formatori senza esperienza d’insegnamento e con una scarsa conoscenza della realtà ticinese.