All’insegna di questo messaggio indirizzato al mondo dai massimi esponenti dell’ONU e dell’UNESCO, si è celebrata il 3 maggio scorso la giornata mondiale della libertà di stampa; un messaggio che si completava con le parole seguenti: “Nuove voci: la libertà dei media aiuta a trasformare la società”.
Nel nostro piccolo angolo di mondo, il Ticino, dove la libertà di stampa è un diritto indiscusso, la ricorrenza è passata quasi del tutto inosservata. Ma il caso – o forse una semplice svista – ha voluto che il Mattino della domenica celebrasse a suo modo proprio in quei giorni la ricorrenza dell’UNESCO colpendo Giovanni Orelli con le parole che sappiamo. E alle orecchie di chi, come noi, ha collegato i due avvenimenti, l’eco del motto onusiano scelto per celebrare la ricorrenza è risuonato in maniera beffarda.
A chi si ostinava a non capire, l’autore del trafiletto contro Orelli ha spiegato che si tratta di satira; e possiamo essere certi che se glielo chiedessimo ci direbbe che libertà di stampa significa anche libertà di satira. I più maligni sostengono invece che in realtà Boris Bignasca cerchi goffamente di nascondere la volontà, per nulla nuova e originale, di screditare il mondo della cultura e dell’insegnamento del nostro Cantone. A riprova di ciò basterebbe aprire le pagine del Mattino, del Dieci minuti e del sito mattinonline per scoprire che la parola “cultura” viene sempre scritta con la K; oppure leggere il trattamento riservato da quei giornali agli insegnanti, definiti immancabilmente fuchi e sinistrorsi. Anche questa è satira? Il Mattino, il Dieci minuti e il sito mattinonline sono dunque giornali satirici?
Recentemente, la Corte di cassazione italiana ha dato una definizione giuridica di satira:
È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene.
Se riconosciamo validità a questa definizione non possiamo non chiederci: dov’è l’altissimo livello nella frase di Boris Bignasca? Dov’è l’aspetto criticabile o esecrabile che si intende evidenziare in Giovanni Orelli? Quale sarebbe l’esito finale di carattere etico a cui il testo aspira? E ancora: a chi viene da ridere?
Ma è soprattutto riflettendo sulle parole scelte dall’UNESCO per la ricorrenza del 3 maggio che è legittimo domandarsi: se la libertà dei media aiuta a trasformare la società, qual è il progetto di società che hanno in mente gli estensori degli articoli del Mattino, del Dieci minuti, di mattinoline? Qual è il progetto di società di coloro che si riconoscono in quel modo di fare giornalismo che ricorre (come è stato anche il caso di un recente articolo di Confronti) a un linguaggio aggressivo, offensivo, infamante, dall’acre odore di olio di ricino contro chiunque non si allinei alle proprie posizioni o sia considerato “per statuto” al di là della barricata?
Il cammino delle società umane verso la libertà di stampa e di espressione non si è ancora concluso in ogni parte del mondo e, dove è stata percorsa con successo, la strada verso quella meta si è rivelata irta di ostacoli e di improvvise battute d’arresto, anche in Paesi a noi molto vicini. Ed è proprio in nome della “libertà di espressione che sottende tutte le altre libertà” e in nome di tutti i diritti che la nostra società ha saputo conquistare e difendere a fatica – primo fra tutti il diritto al rispetto – che ci uniamo alla schiera di coloro che non sono più disposti ad accettare atti di barbarie verbale come quella perpetrata dal Mattino nei confronti di Giovanni Orelli.
A lui, al nostro ex collega, esprimiamo affetto e solidarietà, lasciandogli il compito di rispondere indirettamente al testo “satirico” di Boris Bignasca che gli augurava la morte con i versi di una sua poesia:
Problematico è l’uso del futuro.
Tu potrai dir morirò.
Posso io dire amerò?
reagirà domani il cuore?
Sarà gelida neve di gennaio,
pioggerella di maggio di novembre,
sole d’agosto che l’erba brucerà
nebbia che sulla campagna sta?
Morte ti fa paura?
Non nominarla, parla di futuro.
(Giovanni Orelli, “Futuro”, in “Un eterno imperfetto”, Garzanti, Milano 2006)